31/05/17

Il penultimo giorno

Oggi è il mio penultimo giorno di lavoro con Emma.
Emma ha già compiuto 13 mesi. Cammina, corre, salta, sale e scende dal divano, riconosce molti animali stampati sui libri e sa imitarne il verso. Abbiamo giochi solo nostri, come il cucù dalla finestra della casetta di legno quando la mamma esce per andare al lavoro, oppure il gioco del far girare tutti i giochini come fossero trottole.
Ogni volta che arrivo a casa sua, scappa dalla mamma, ma poi quando mi accovaccio alla sua altezza, viene a darmi i baci.
Le​ ho insegnato il balletto dei due leocorni, le ho spiegato la differenza fonetica tra "lombrico" e "ombelico", che tutte le volte che trovavamo il lombrico nel libro degli animali lei si sollevava la maglietta e si pigiava il pancino.
Per otto mesi interi l'ho fatta addormentare ninnandola cantando "So chi sei" della Bella Addormentata, e forse quando vedrà il cartone animato si ricorderà di me.
Ho raccolto e ripulito tutto ciò che può uscire da un corpicino di neonato, in salute e in malattia, comprese le cucchiaiate di pappa non gradita.

Quando ho iniziato ad accudirla pensavo che non mi sarei mai affezionata a lei, che lo facevo per lavoro, per soldi, per necessità e mancanza d'altro. Non ho del tutto cambiato idea.
Domani sarà il mio ultimo giorno di lavoro ma non mi dispiace, non mi mancherà.
E sono sicura che il magone che sento adesso, mentre la guardo dormire, non è amore, non è tristezza. Forse è solo ansia.
Perché questa parentesi si chiude anche per permettermi di aprirne un'altra, più grande, più impegnativa e - mi auguro - più gratificante. Mi perdo da mesi nelle fantastiche sul come sarà la mia vita dopo che avrò lasciato questo lavoro, la mia casa, la mia terra, e quel momento è arrivato, manca davvero una manciata di settimane prima di spiccare definitivamente il volo. È ansia, non è tristezza.
Se me lo ripeto ancora potrò finire per crederci.

Nessun commento: